Zia Antonia sapeva di menta
Andrea Vitali ha trovato la formula matematica per scrivere racconti. Funziona e non c’è nessun motivo per variarla. Ed ecco allora che un piccolo paese, con le sue atmosfere antiche e la sua quiete, che sia Bellano o un altro poco importa, fa da sfondo a complicati intrecci a più persone, che ripetono nei gesti e nei modi sempre lo stesso teatrino.
Ci sono sempre dei parenti che hanno litigato, un medico condotto che insieme al prete sovrintende tutte le gesta di persone semplici, talvolta avide e rancorose, che piccoli gesti involontari o dolosi portano al cospetto dell’autorità, carabinieri o sindaci o podestà che siano, che conoscono come va il mondo e come devono indirizzare i loro compaesani.
In questo racconto Vitali recupera tutti i suoi clichè, mancano solo le autorità, e costruisce una storia semplice con il difetto questa volta di non approfondire troppo gli intrecci di varia umanità che rendono sempre divertenti i suoi libri.
Infatti se il paese è solo uno sfondo, come la quarta parete di un teatro, i personaggi entrano ed escono di scena rappresentando al meglio qualche loro piccola tipicità, un tic, un vezzo, un pensiero fisso ed interagiscono con gli altri e le loro piccole manie.
Ma questa volta i personaggi sono in numero limitato e le loro storie si sviluppano poco e la trama che ci propone Vitali appare un po’ debole e scontata. La scrittura è sempre leggera e piacevole, ma non si ha mai la sensazione che si vada a finire lontano da quanto si è immaginato.
L’unica piccola sorpresa è il titolo del libro, perchè l’odore che aleggia in tutta la storia non è la menta di Zia Antonia, ma il pungente odore di aglio che diffonde l’alito di due personaggi. Ed è intorno a questa traccia odorifera che si dipana la storia e non intorno all’odore di menta della Zia Antonia, che pure è solo un personaggio minore di tutta la vicenda.
La suora esperta della vita, la vecchina tenace e custode di segreti, la perpetua sono altri esempi di personaggi fissi nelle storie di Vitali. Anche se non sono mai gli stessi, la suora è sempre la stessa suora in tutte le storie, così come la perpetua sembra andare a servizio da tutti i preti della Lombardia.
Sono forse eccessivamente critico, ma solo per amore delle ambientazioni di Vitali, che sempre mi hanno divertito e a cui so che posso chiedere qualcosa in più.
—un paragrafo significativo —
“L’Ernesto”, spiegò suor Aspasia. “E’ arrivato prima del solito. Forse l’Antonia non sta bene?”
Suor Speranza sorrise tra sè, guardando il viso della consorella, rugoso come se fosse stato arato: Suor Aspasia era miope da una vita e per di più aveva una cataratta bilaterale. Non per niente, tutte le sere, quando era ora di chiudere porta e portone, scendeva lei di sotto per prenderla sottobraccio e accompagnarla nella sua camera.
“E lei come ha fatto a vederlo ?” celiò .
“Lo riconosco dalla voce. Le orecchie le ho ancora buone. di solito non arriva prima delle cinque e mezza, quando finisce la messa. Oggi è arrivato alle quattro, quando mi hanno portato il tè.”
La superiora riflettè un istante sulle parole di suor Aspasia.
“Ne è sicura?” chiese.
Suor Aspasia dondolò la testa, a conferma di ciò che aveva appena detto.
Quindi si portò l’indice al naso.
“E puzzava di aglio”, aggiunse.
Lo hai letto ? O hai bisogno di qualche informazione in più ?