Una lama di luce
A pensarci si, ti rendi conto che Montalbano, il personaggio più conosciuto di un prolifico Camilleri, ti tiene compagnia da molti anni . Però è un po’ strano vederlo invecchiare, lui solo, tra tanti personaggi letterari che rimangono eternamente uguali a se stessi.
Ma è già da un po’ che Salvo Montalbano pensa alla sua vita guardando il tempo che è passato e la malinconia che lo accompagna occupa più pagine delle indagini che deve svolgere.
Il suo rapporto con Livia, sempre burrascoso ma mai vicino alla fine, questa volta viene messo in forte discussione da Salvo, in un susseguirsi di discussioni tutte interiori di cui lei non verrà mai a conoscenza.
Tra un pensiero a Francois, il ragazzo tunisino non adottato, le azzuffatine telefoniche con Livia a Boccadesse, la consolazione nei pranzi da Enzo e le cene preparate da Adelina, Montalbano ha come al solito due casi che si alternano nei suoi pensieri alle vicende personali.
Una giovane sposa viene rapinata e violentata in tarda serata, mentre deposita alla cassa continua i guadagni del supermercato del marito cinquantino. E’ lo stesso marito che sporge denuncia, ma sono i dettagli che sono a conoscenza solo della moglie che interessano il commissario.
Una casetta abbandonata, che dovrebbe essere vuota ed in rovina, improvvisamente viene trovata dotata di robuste porte e finestre. Qualcuno la sta usando per nascondere qualcosa all’insaputa del proprietario .
Tra un’intervista a Televigata, un colloquio con il Questore, un teatrino con l’avvocato delle famiglie mafiose e le avventure amorose di Mimì, troviamo tutti gli spunti classici delle avventure di Salvo Montalbano.
Ma non è il solito Montalbano. I disagi emotivi del commissario questa volta hanno ragione di essere esposti e alla fine coinvolgeranno anche il lettore.
—- un paragrafo significativo
Catarella s’inginocchiò allato alla cascia da morto e sollivò di picca il coperchio.
Di colpo girò la testa di lato e sturcì la vucca.
<Iam fetet> dissi arrivolto al commissario.
Montalbano fici un savuto narrè, sbalorduto. Allura era vero! Non si era sbagliato. Catarella parlava ‘n latino!
<Che dicisti ?>
<Dissi che già fete>.
Ennò. Stavota aviva sintuto distintamenti! Non c’era nisciuna possibilità d’errori.
<Tu mi vuoi pigliari per il culo!> esplodì facenno ‘na gran vociata che ‘ntronò per primo a lui stesso.
In risposta un cani, luntano, si misi ad abbaiari.
<Iu ? A vossia ? Ma come ci veni ‘n testa ‘na cosa simili ? Iu mai e po’ mai mi pirmittiria di … >
Non potti continuari, dispirato si pigliò la testa tra le mano e accomenzò a lamintiarisi.
<O me miserum! O me infelicem>.
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