Pantera – Stefano Benni
Quanti sono i personaggi inventati da Stefano Benni ? 100 ? Oppure solo uno, che si cambia d’abito, mette o leva gli occhiali ed un paio di baffi finti e mago del trasformismo riappare in tutti i romanzi, a volte uomo, a volte donna ?
Perchè quando prendi un personaggio inventato da Benni, gli togli la buccia esterna, gli scavi nell’intimo, trovi sempre la stessa persona. Frustrata, sola o con il complesso della solitudine, introversa, con difficoltà ad aprirsi ed a confidarsi con le altre persone, in perenne lotta con la società omologata ed i suoi appartenenti.
Persone sole che dentro di loro vorrebbero tanto trovare amicizia e amore, ma hanno paura. Persone che vorrebbero cambiare, ma non trovano il coraggio. Persone che sanno di essere diverse, che qualche volta vorrebbero essere come le persone che giudicano ‘normali’, ma a cui in fondo piace essere diverse.
Anche Pantera, la ragazza che gioca a biliardo senza divertirsi, e Aixi, la bambina che accudisce il padre ed ama la sua vita, ma la vorrebbe diversa, sono così.
Sole, spaventate guerriere.
Ogni volta però questa malinconica vita viene esaminata da un punto di vista diverso, un’angolazione particolare, tanto che sulle prime sembra di assistere ad un tipo di solitudine diversa.
Ma quando chiudi il libro, che comunque leggi di un fiato, e tiri le somme quello che ti rimane è la storia di una vita segnata da un particolare devastante che si trascina coinvolgendo ogni azione successiva.
Detto questo leggo Benni sempre con piacere, perchè attorno al protagonista storico nascono una serie di personaggi di contorno sempre nuovi, bizzarri, caratterizzati nei loro tic e nelle loro abitudini.
Pantera che da il titolo a questo libro, è attorniata da giocatori di biliardo diretta propagazione del loro vizio e del loro difetto, oltre che da un sensibile non vedente e da un cameriere che inizia adesso a sognare .
Aixi, protagonista della seconda storia, ha un’amica glamour, un vecchio pescatore saggio, una zia arrogante ed un tesoro da proteggere.
— un paragrafo significativo —
Pantera era seduta a un tavolo, davanti a un’ecatombe di cicche e bicchieri. Dietro di lei, in piedi, silenzioso e fedele, stava Rasciomon. Mi fece un cenno con la mano.
Mi avvicinai, il cuore batteva come una zuffa di biglie. Era a un metro da me, e potevo vedere una stilla luminosa di sudore sulla sua fronte, e una ruga a un angolo della splendida bocca. Non mi era mai sembrata così stanca e così bella.
– Mi daresti un Pernod? L’ultimo, giuro.
Lo disse con un sorriso complice. Volai al bancone, riempii un bicchiere fino all’orlo ma dovetti vuotarne una parte, perché la mano mi tremava e lo avrei versato per terra.
Lei dovette accorgersi della mia emozione perché di nuovo sorrise e si tolse gli occhiali.
Verde que te quiero verde.
Verde viento. Verdes ramas…
Compadre, quiero morir.
– Quanti anni hai, ragazzo? – chiese.
– Quindici anni. E ti amo – risposi. Una parte di questa frase naturalmente non venne pronunciata, ma vibrò dentro me come un accordo d’arpa.
– E lavori già fino a tardi. Ma nessuno ti aspetta a casa?
– No signorina – risposi, col fiato mozzo.
– Non bisogna stare da soli alla tua età – disse con un filo roco e dolce di voce, poi fece una lunga pausa e un anello di fumo.
– A nessuna età – aggiunse.
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PANTERA
Feltrinelli
12.0EUR
Feltrinelli
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