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Numero Zero

Numero Zero di Umberto Eco Finito l’ultimo romanzo di Umberto Eco, Numero Zero, resta un senso di insoddisfazione, non in merito alla qualità del romanzo, ma rispetto alla stima che c’è per Eco romanziere a cui questo ultimo lavoro non rende giustizia .

Se i focus del racconto sono due, anche se poi nel finale si riuniscono nello ‘spiegone‘ che l’autore vuole dare della morale della storia, c’è stata una certa timidezza ad affrontarli entrambi pienamente .

Una improbabile redazione di giornalisti molto poco autorevoli viene formata sotto la guida di una direzione che ha degli scopi diversi da quelli della pubblicazione di un nuovo giornale .

Si tratta di un progetto di un imprenditore che attraverso la creazione di un giornale d’inchiesta vuole ripulirsi dalla fama di spregiudicato affarista di provincia ed entrare nel giro della finanza importante, quella che detta le regole .

Perciò il giornale, all’insaputa dei giornalisti coinvolti, in realtà non dovrà mai vedere le edicole, ma i tanti numeri zero di prova che devono essere stampati servono ad illudere che possa nascere un giornale che dica la verità, spieghi la realtà, faccia inchieste serie e metta all’indice i nomi . Tutte cose che nel giornalismo reale (anche fuori dal romanzo) non esistono .

Le notizie vengono perciò manipolate, smussate, gonfiate secondo la necessità e le reazioni che si vogliono suscitare nell’ipotetico lettore.

Tra i giornalisti Braggadocio ha anche un suo progetto autonomo e separato.  Sta svolgendo una grande ricerca sugli ultimi giorni di Benito Mussolini ed è convinto che non solo il Duce non sia morto come la storia racconta, ma che da un rifugio segreto, forse in Argentina, forse all’interno delle mura vaticane, sia stato d’ispirazione per i successivi atti di rottura della politica italiana, dal tentativo di colpo di Stato di Borghese, a Gladio, agli atti terroristici di Piazza Fontana e dell’ Italicum .

Come nel film di Mel Gibson “Ipotesi di complotto” dove il protagonista tra tante storie inventate forse indovina un vero complotto e per questo è vittima di tentativi di omicidio, così anche tra le tante ipotesi di Braggadocio qualcosa smuove i poteri forti .

Ma come ci spiega Eco nell’epilogo del romanzo, attraverso le parole di Maia e Colonna, gli italiani ormai non si indignano, non vogliono sapere la verità, non hanno più il senso del paese. Può succedere tutto, purchè non tocchi la loro vita.  Perchè tra centinaia di scandali che coinvolgono il nostro paese, bisogna indignarsi per l’ultimo venuto allo scoperto, che si perderà presto nella marea degli altri.

Come dicevo mi sembra che Eco non abbia avuto coraggio. Sulla ipotetica non morte di Mussolini c’è abbastanza inventiva e materiale per fare un romanzo a se, peccato che la storia sia stata bruciata come intermezzo di questo romanzo. Se invece questo doveva essere un libro denuncia sull’informazione italiana, è troppo velato, poco diretto.

— un paragrafo significativo —

“Colonna, illustri un poco ai nostri amici come si può osservare, o far mostra di osservare, un principio fondamentale del giornalismo democratico: i fatti separati dalle opinioni. Di opinioni su Domani ve ne saranno moltissime, ed evidenziate come tali, ma come si dimostra che in altri articoli si citano solo fatti?”
“Semplicissimo,” avevo detto. “Guardate i grandi giornali anglosassoni. Se raccontano, che so, di un incendio o di un incidente automobilistico non possono evidentemente dire come la pensano loro. E allora inseriscono nell’articolo, tra virgolette, le dichiarazioni di un testimone, un uomo della strada, un rappresentante dell’opinione pubblica. Messe le virgolette, quelle affermazioni diventano fatti, cioè è un fatto che quel tale abbia espresso la tale opinione. Però si potrebbe supporre che il giornalista abbia dato voce solo a chi la pensa come lui. Pertanto di dichiarazioni ce ne saranno due, in contrasto tra loro, per mostrare che è un fatto che ci siano su una faccenda opinioni diverse – e il giornale rende conto di questo fatto inoppugnabile. L’astuzia sta nel virgolettare prima un’opinione banale, poi un’altra opinione, più ragionata, che assomiglia molto all’opinione del giornalista. Così il lettore ha l’impressione di essere informato circa due fatti ma è indotto ad accettare una sola opinione come la più convincente. Facciamo un esempio, è crollato un viadotto, un camion è precipitato e l’autista è morto. Il testo, dopo aver riportato rigorosamente il fatto, dirà: abbiamo ascoltato il signor Rossi, 42 anni, che ha un’edicola all’angolo. Cosa volete, sono fatalità, ha detto, mi spiace per quel poveretto, ma il destino è il destino. Subito dopo un signor Bianchi, 34 anni, muratore che lavorava in un cantiere accanto, dirà: È colpa del comune, che questo viadotto avesse dei problemi lo si sapeva da tempo. Con chi s’identificherà il lettore? Con chi se la prende con qualcuno o qualcosa, con chi addita delle responsabilità. È chiaro? Il problema è cosa e come virgolettare.

— la presentazione ufficiale —

Una redazione raccogliticcia che prepara un quotidiano destinato, più che all’informazione, al ricatto, alla macchina del fango, a bassi servizi per il suo editore. Un redattore paranoico che, aggirandosi per una Milano allucinata (o allucinato per una Milano normale), ricostruisce la storia di cinquant’anni alla luce di un piano sulfureo costruito intorno al cadavere putrefatto di uno pseudo Mussolini. E nell’ombra Gladio, la P2, l’assassinio di papa Luciani, il colpo di stato di Junio Valerio Borghese, la Cia, i terroristi rossi manovrati dagli uffici affari riservati, venti anni di stragi e di depistaggi. Un cadavere che entra in scena all’improvviso nella più stretta e malfamata via di Milano.

Numero Zero di Umberto Eco

Numero Zero ultima modifica: 2015-01-31T15:16:06+00:00 da admin-Salvatore
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