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Le belle Cece

le belle cece - andrea vitaliA seguito delle vittorie coloniali in Africa i militanti fascisti erano piuttosto su di giri e segretari di partito locali e varie personalità di spicco della buona società mussoliniana si sentivano in diritto di essere privilegiati e trattati con i guanti bianchi .

Il maresciallo Maccadò, comandante della locale stazione dei carabinieri di Bellano però non si faceva facilmente intimorire ed aveva la necessaria capacità istrionica per trattare con questi personaggi, concedendo il minimo ed ottenendo comunque ciò che gli serve.

E al maresciallo Maccadò questa volta occorre scavare nella verità, visto che i personaggi sono reticenti a parlare, sia per difendere il proprio onore sia per non dispiacere le presunte autorità locali.

La vicenda che anima il paese in effetti è piuttosto imbarazzante e potrebbe facilmente far chiacchierare non solo le pettegole sempre pronte a cogliere ogni novità, ma anche chi ha qualche ragione di risentimento.

Infatti le mutande di Verzetta Cece, moglie del presuntuoso ispettore del cotonificio Malversati, spuntano dove non dovrebbero.

Nelle tasche della giacca dello stesso Malversati, dopo che è stato incappucciato, picchiato e legato ad un albero.

Nella cassetta della posta di Semola, il segretario di partito .

Un terzo paio, nelle mani del Volantino, l’ubriacone al servizio di tutti in cambio di un bicchiere di vino, sarebbe dovuta finire chissà dove, ma sono state bloccate dall’evolversi della vicenda.

Ma un quarto paio, in realtà non della Verzetta, ma della moglio di Semola, abilmente contraffatte, invece dovevano finire nelle tasche del balabusc, in sovrintendente nero che ha seguito per gratitudine dall’Africa il luogotenente Dolcineo, ma hanno condotto tutti quanti al commissariato dove, separatamente, vengono ascoltati e ammansiti i testimoni di questa vicenda.

Cosa nasconde questo scherzo delle mutande, come si sono svolti i fatti, chi stà dicendo la verità e soprattutto, preme al Maccadò, chi vuole metterlo in cattiva luce con la tenenza di Lecco ?

Le belle Cece (Verzetta Cece e sua madre) è un romanzo divertente e godibile, dove Vitali fa ruotare i suoi personaggi in una storia degli equivoci e su cui emerge il Maresciallo Ernesto Maccadò che può per stile e simpatia diventare un punto di riferimento onnipresente ed il personaggio fisso nei futuri romanzi ambientati a Bellano.

— un paragrafo significativo —

Seduto, ma con lo spirito sull’attenti, il Semola ascoltò ciò che Eudilio Malversati aveva da riferire.

«Ve lo dico con un’epitome», annunciò il padrone di casa.

O bestia!

«Aggressione in piena regola», si spiegò subito.

Il Semola si rilassò. Più tardi, rifletté, si sarebbe informato circa quella strana parola.

Era rimasto una decina di minuti seduto nel salotto di casa dove la servotta l’aveva fatto accomodare prima di scoprire il motivo per il quale era lì.

Il Malversati si era presentato in tenuta da camera: il motivo stava in quello che gli era successo, gli aveva detto di mettersi comodo e poi aveva sparato l’epitome.

Spiegandola, meno male.

Così il Semola poté esibire meraviglia e sconcerto.

Chi diavolo aveva potuto osare tanto?

«È quello che vorrei sapere», chiarì il Malversati.

Ed era anche il motivo per il quale l’aveva convocato.

Un incarico, in pratica.

Quale segretario del partito doveva fargli avere i nomi di coloro che lo avevano aggredito. «Aggressione preparata», per poi agire di conseguenza.

«Ma…» fece per obiettare il Semola.

«Niente carabinieri», lo anticipò il padrone di casa.

Era una faccenda che non doveva avere alcuna pubblicità, teneva a risolverla personalmente.

Il Semola tacque, disorientato.

Come diavolo avrebbe fatto a individuare gli aggressori?

Tutt’al più avrebbe potuto rivelare i motivi dell’accaduto, che probabilmente lo stesso Malversati aveva già immaginato: una vendetta sulla di lui persona, pezzo di merda senza scusanti, in seguito a una delle tante carognate che aveva concepito all’epoca in cui era assistente presso il locale cotonificio.

Ma i nomi…

— la presentazione ufficiale —

Maggio 1936. Con la fine della guerra d’Etiopia nasce l’impero fascista. E Fulvio Semola, segretario bellanese del Partito, non ha intenzione di lasciarsi scappare l’occasione per celebrare degnamente l’evento. Astuto come una faina, ha avuto un’idea da fare invidia alle sezioni del lago intero, riva di qui e riva di là, e anche oltre: un concerto di campane che coinvolge tutti i campanili di chiese e chiesette del comune, dalla prepositurale alla cappelletta del cimitero fino all’ultima frazione su per la montagna. Un colpo da maestro per rendere sacra la vittoria militare. Ma l’euforia bellica e l’orgoglio imperiale si stemperano presto in questioni ben più urgenti per le sorti del suo mandato politico. In casa del potente e temutissimo ispettore di produzione del cotonificio locale, Eudilio Malversati, si sta consumando una tragedia. Dopo un’aggressione notturna ai danni dell’ispettore medesimo, spariscono in modo del tutto incomprensibile alcune paia di mutande della signora. Uno è già stato rinvenuto nella tasca della giacca del Malversati. Domanda: chi ce l’ha messo? E perché? Il problema vero, però, non è questo, bensì che fine abbiano fatto le altre. Dove potrebbero saltar fuori mettendo in ridicolo i Malversati, marito e moglie? Non essendo il caso di coinvolgere i carabinieri, per non mettere in giro voci incontrollabili, il Semola viene incaricato di risolvere l’enigma. Ma alla svelta e senza lasciare tracce, o le campane, questa volta, le suonerà il Malversati, con le sue mani, e saranno rintocchi poco allegri per la carriera del Semola.

Con Le belle Cece Andrea Vitali ci riporta nella Bellano degli anni Trenta, dove non succede mai niente e gli iperbolici ideali del regime non riescono a vincere gli intrighi e le scaramucce di paese. Gli esilaranti e improbabili personaggi di Vitali mettono in scena una giostra di comicità che, come sempre, rende la lettura dei suoi romanzi una piacevole compagnia.

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Le belle Cece ultima modifica: 2015-07-20T17:47:02+00:00 da admin-Salvatore
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