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L’altro capo del filo

l'altro capo del filoPrima di parlarvi di questo nuovo romanzo di Andrea Camilleri , l’altro capo del filo, vorrei fare una parentesi sull’uomo scrittore e su una sensazione avuta leggendo tutti i suoi romanzi con protagonista Montalbano .

In una buona metà di questi romanzi il Commissario Montalbano viene aiutato nelle sue indagini da una donna intelligente, che afferra le cose al volo . E questa donna viene descritta come una rarità .  Quindi non sembra che Camilleri abbia una buona opinione delle donne, visto che il suo Montalbano si rivela stupito ogni volta di trovare una donna con spiccate qualità, nonostante ne incontri praticamente in ogni sua avventura . E tra le qualità più apprezzate in una donna per Montalbano c’è quella di essere di poche parole, e che riescono a capire le richieste del Commissario con un’occhiata, senza pronunciare una parola di risposta, ma correndo a svolgere il compito assegnato.

Anche in questo romanzo è particolarmente importante la figura di  Meriam,  che aiuta il commissario giorno e notte, senza rompere tanto per avere la sua dose di meritati ringraziamenti.

Meriam è utile sia nella sua veste di traduttrice, visto che l’intera Polizia di Vigata è impegnata a far fronte ai quotidiani e notturni sbarchi degli immigrati in Sicilia, sia come amica della vittima Elena, altra donna dalle doti eccezionali che viene assassinata nella sua sartoria.

Elena nasconde un passato doloroso e nonostante si mostri agli altri piena di vita e disponibile ha un tarlo silenzioso e segreto che la consuma dall’interno .

Un filo sottile lega la donna tanto ammirata da tutti a Vigata e la stessa donna che sognava di diventare una stilista in nord Italia solo pochi anni prima .

Un filo all’inizio invisibile ed ingarbugliato, che il Commissario Montalbano dovrà dipanare per trovare l’assassino a l’altro capo del filo .

— un paragrafo significativo —

Il portoni fici clic, Montalbano l’ammuttò, trasì e si fici le scali a lento pinsanno a quali paroli adoperari per dari la tinta notizia a Meriam.

Lei l’aspittava davanti alla porta aperta.

I sò occhi ’ncontraro subito a quelli di Montalbano e fu come se gli avissi liggiuto nel pinsero pirchì la sò facci si stracangiò di colpo ma non dissi nenti. Si scostò quel tanto che abbastava per fari passari al commissario. Chiuì la porta, lo priciditti nel salottino, gli fici ’nzinga d’assittarisi.

Lei ’nveci ristò addritta, muta, senza staccarigli l’occhi di supra.

Po’ dissi:

«Glielo faccio un caffè?».

«Volentieri» fici il commissario che non sapiva ancora da indove accomenzare.

Meriam niscì di cursa come se fossi sollivata da non ristari chiossà nella stissa càmmara con lui. O perlomeno era quello che pinsò Montalbano.

Troppe vote si era sintuto ’n aceddro del malagurio, troppe vote era stato costretto a trasire nella vita della genti con le sò malenove che avrebbiro distrutto l’esistenza a quella stissa genti.

E nonostante ’ste troppe vote, ancora non aviva attrovato la manera giusta per portari ’ste notizie o perlomeno per fari addivintarle meno gravose per lui stisso.

Meriam ci misi tempo assà prima di tornari con la guantera e il cafè e Montalbano, taliannola, vitti che aviva l’occhi russi e che si era annata a lavari la facci.

La fìmmina s’assittò senza parlari.

Montalbano si vippi il cafè e stava per raprire la vucca quanno Meriam lo priciditti:

«Si tratta di Elena, vero?».

Per picca il cafè non gli annò di traverso, come aviva fatto a ’ndovinari? Era perplesso ma nello stisso tempo si sintiva sollivato pirchì la fìmmina gli stava arrisparmianno la peggio parti del sò travaglio.

«Sì» fici.

— la presentazione ufficiale —

Una pagina tira l’altra. Eppure la lettura non può che scorrere con lentezza. C’è troppo dolore, c’è troppa disperazione, nel paesaggio di realtà che si va ad attraversare. Il mare è diventato una enorme fossa comune, il teatro acquatile di una immane tragedia di naufraghi: il quadrante acheronteo di violenze, lo specchio deforme attraversato dai fantasmi di quanti hanno sperato nella salvezza della fuga, sebbene pagata con la spoliazione e con gli abusi, con l’urlo raggelato delle madri e il pianto muto dei bambini che non sanno come decifrare l’orrore che si è disegnato nei loro occhi. Con quanta velocità è concesso di leggere la lentezza della sacra rappresentazione dell’esodo di una umanità straziata, tradita dalla storia e offesa dalle politiche del sospetto e dell’egoismo? A Vigàta, Montalbano è impegnato nella gestione degli sbarchi, nei soccorsi ai migranti, nello smascheramento degli scafisti. Ha la collaborazione del commissariato, di vari volontari, e di due traduttori di madrelingua. Si prodigano tutti. Si sacrificano, tra tenacia e spossatezza. Catarella si intenerisce, si infervora, e mette a disposizione delle operazioni caritatevoli la sua innocente quanto fragorosa rusticità. Il lettore procede, compunto, con il passo del pellegrino. E non si accorge che dietro le pagine si sta armando un romanzo perfettamente misterioso. Persino Montalbano viene colto di sorpresa. L’arrivo felpato del delitto gli dà il soprassalto…

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L’altro capo del filo ultima modifica: 2016-06-27T15:28:08+00:00 da admin-Salvatore
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