I pesci non chiudono gli occhi
Quando da adulti ricordiamo l’infanzia riusciamo a portare perfettamente alla memoria solo gli episodi significativi, che consciamente od inconsciamente hanno segnato il nostro percorso di crescita, in maniera positiva o negativa.
Così il piccolo protagonista ricorda l’estate in cui ha perso il babbo, emigrato in America e non seguito dalla famiglia, ed ha scoperto il significato dell’amore, cosa per lui fino a quel momento piuttosto misteriosa.
E’ un bambino intelligente, ma fin troppo pratico e ciò che esce da un logico e lineare comportamento sfugge alla sua comprensione.
Come tutti i bambini che preferiscono un buon libro ad una partita di pallone viene dileggiato dai compagni, ma non fa di questo un dramma esistenziale.
Comunque si sente diverso dagli altri, ma è felicemente diverso. Preferisce l’approvazione degli adulti, specialmente di quelli che non lo trattano da bambino e gli spiegano la vita vista dagli adulti e gli regalano piccoli segreti, di mestiere o di pensiero.
In vacanza sull’isola passa il tempo a pescare, a guardar pescare ed a leggere o fare parole crociate sotto l’ombrellone. Si accorge presto di non essere il solo ad intrattenersi più degli altri sotto l’ombrellone. Ma scopre anche come la ragazza con cui fa amicizia è più grande, pur avendo la stessa età, ed i suoi sogni sono più profondi ed il suo agire più meschino, come sarebbe quello di un adulto.
Da lei riceve, non richieste, comprensione e protezione. Per lei riceve anche una pesante punizione fisica.
Lei gli restituisce anche una vendetta non voluta, non facente parte del suo modo di affrontare la vita.
Ma riceve anche il primo bacio, ad occhi aperti, e questo eclissa ogni dubbio che possa aver avuto sul suo comportamento.
D’altra parte lui voleva solo andare a pescare e riflettere sul comportamento degli adulti. Poi, da grande, si renderà conto di quanto ogni piccola influenza avrà avuto peso sulla sua vita.
— un paragrafo significativo —
Conoscevo gli adulti, tranne un verbo che loro esageravano a ingrandire: amare. Mi infastidiva l’uso. In prima media lo studio della grammatica latina l’adoperava per esempio di prima coniugazione, con l’infinito in -are. Recitavamo tempi e modi dell’amare latino. Era un dolciume obbligatorio per me indifferente alla pasticceria. Più di tutto mi irritava l’imperativo: ama.
Al culmine del verbo gli adulti si sposavano, oppure si ammazzavano. Era responsabilità del verbo amare il matrimonio dei miei genitori. Insieme a mia sorella eravamo un effetto, una delle bizzarre conseguenze della coniugazione. A causa di quel verbo litigavano, stavano zitti a tavola, i bocconi facevano rumore.
Nei libri c’era traffico fitto intorno al verbo amare.
I PESCI NON CHIUDONO GLI OCCHI
FELTRINELLI
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