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Giudici

giudiciIn un periodo in cui le sentenze dei giudici vengono commentate e contestate al pari delle decisioni degli arbitri sui campi di calcio, con il metro del tifo o simpatia per una parte o per l’altra, Giudici difende il ruolo del giudice onesto e dedito con integrità al suo lavoro.

Si tratta di 3 racconti di Camilleri, Lucarelli e  De Cataldo slegati tra loro per stile e  periodo storico ma che raccontano tutti la difficile posizione del Giudice, solo a lottare contro i reati e contro le difficoltà del ruolo. In tutte e tre i racconti inoltre lo Stato o è assente o è contro.

Il racconto di Camilleri è ovviamente ambientato in Sicilia e utilizza il suo particolare linguaggio simil-siciliano.

Nella regione che ha appena subito l’unità d’Italia e deve essere riorganizzata nelle istituzioni viene mandato in un piccolo paese a prendere le redini di un tribunale un giudice piemontese.

Pieno di buona volontà e di regole arriva senza conoscere il territorio, la cultura e la mafia.
Completamente incosciente ed ignaro delle minacce che gli arrivano riesce a vincere la mafia nell’unico modo possibile: non avendone paura, anche se nel suo caso non si può parlare di coraggio.

Lucarelli racconta invece la storia della Bambina, così viene soprannominata una ragazza fresca di laurea alle prese con le sue nuove responsabilità.

Ma la bambina è integra, entusiasta e puntigliosa anche se poco esperta di come vanno avanti le cose.

E senza saperlo si trova invischiata in una di quelle storie che invece nessuno dovrebbe conoscere, dove i Servizi Segreti svolgono un ruolo oscuro ai servizi di uno Stato che ha interessi diversi da quello dei suoi rappresentati.

Ma con tenacia e senza spaventarsi, la Bambina e un trio di improbabili servitori della giustizia (prima volta dopo essere sempre stati dall’altra parte della barricata) riescono a uscirne vittoriosi e soprattutto vivi.

De Cataldo racconta una storia più amara, ma in cui molti possono vedere un legame con i fatti recenti.

Un pubblico ministero alle prese da una vita con le malefatte di un unico soggetto, in un duello di furbizia e tiri mancini, dove il giudice esce sempre sconfitto perchè la lotta è impari e le leggi della prescrizione vigono in favore del reiterante reati.

E’ ormai una questione di puntiglio riuscire a condannare l’antico compagno di scuola e nessuno ci vede più giustizia, ma accanimento. Gli incubi prendono possesso della coscienza del giudice.

— un paragrafo significativo da La Bambina di De Cataldo —

Se Ferro aveva cinquantasei anni ma ne dimostrava di più, la Bambina ne dimostrava di meno dei suoi trenta. Conosceva la sua età perché glielo aveva detto lei appena salita in macchina – «Mi faccia gli auguri, oggi è il mio compleanno, classe ’50, una vecchiona» – e lui aveva fatto il conto al primo luglio 1980. Avrebbe potuto essere sua figlia, anche perché Ferro ce l’aveva davvero una figlia di trent’anni, ed era la secondogenita dei tre. E infatti gli scocciava starsene seduto davanti nella Ritmo in borghese della questura con quella ragazzina seduta dietro che leggeva il giornale. Sembrava un autista che porta la figlia del padrone all’università.
La guardò nello specchietto retrovisore, le labbra strette, un po’ sporte in avanti in un’espressione assorta, una piccola ruga concentrata fra le sopracciglia, una manciata di efelidi attorno al naso, sulla pelle arrossata da quel primo sole di luglio. Ferro aveva un’anca che non girava bene, i reumatismi e la pressione alta, ma la vista gli era rimasta quella di una volta, attento soprattutto ai particolari, istintivamente.
Scarpe basse, gonna, camicetta bianca, maglioncino nero e giubbotto di jeans su una spalla li aveva registrati subito appena lei si era presentata – «Lorenzini, piacere» – quando era andato a prenderla a casa. Capelli corti sulle spalle, biondi, raccolti dietro con un pettine d’osso. Carina, piccolina, un topolino.
Giudice istruttore presso il tribunale di Bologna, primo incarico. La Bambina.

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Giudici ultima modifica: 2012-10-07T16:21:02+00:00 da admin-Salvatore
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